Silenzio

Se esistesse un’estetica del silenzio allora questo – quello personale che m’ha accompagnato oggi ma anche quello più collettivo che riguarda tutti noi fratelli d’Italia (il silenzio dei colpevoli) – sarebbe un brutto silenzio.
Come esempio di un silenzio bello mi viene in mente quello descritto dall’Apocalisse, se non ricordo male poco prima, o durante, l’apertura del VII sigillo. È un silenzio maestoso, imponente, carico dell’avvento della Giustizia. Un silenzio di grande speranza ma anche di grande impatto ritmico.
Il mio, invece, oggi, è un silenzio moscio, di chi non vuole sentire rumori o parole intorno a sé, di chi usa il silenzio come una messa tra parentesi – una anestesia – del giorno che sta passando, che a quanto pare non lo entusiasma. Parafrasando, timpano non sente, cuore non duole (nessun riferimento al mio amico Timpano che debutta domani). Il silenzio come mezzo per far passare in fretta un tempo poco piacevole.
Qualcosa del genere vale anche per il silenzio degli italiani, silenzio stanco, disilluso, il silenzio del pugile andato a tappeto che non sente né i cazzotti, né il dolore, né il conteggio dell’arbitro. Anche questo è un silenzio di difesa, difesa collettiva, per non sentire, per non ricordare, per fare finta che.
Poi, per un attimo, ho rotto il silenzio, ho acceso internet, La Repubblica, e ho “sentito” una nuova barzelletta governativa, quella delle suore stuprate, un chicca stavolta del ministro Sacconi… ministro, faccia silenzio, non è necessario parlare se non si ha nulla da dire, ssssssh

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