
Ma quante novità in questi primi mesi del 2013. Ci aspettano un Parlamento nuovo, un Presidente della Repubblica nuovo… e mettiamoci anche un nuovo Papa (che purtroppo da noi conta molto). Ancora una volta tutto cambia affinché nulla cambi? Non lo possiamo sapere per ora. Sappiamo però che il Parlamento è sconvolto dall’arrivo dei marziani delle 5 Stelle.
Non so voi, ma personalmente quando una grande novità esplode così clamorosamente mi resta dentro la delusione per non averne fatto parte, non averla capita in tempo, assorbita, contribuito a diffonderla. Io non c’ero. E per chi come me considera il concetto di “sinistra” da sempre intercambiabile con quello di “progresso”, sinistra come utopia, come altro mondo possibile, quell’io non c’ero pesa e brucia, ha retrogusti di sconfitta, di fregatura, di vecchiaia (“sei vecchio e non hai capito il mondo che cambia”). Ancora una volta abbiamo perso tempo a litigare tra pragmatici e idealisti, tra moderati e radicali, ognuno a valutare (e sminuire) il pedigree di sinistra altrui, e non ci siamo accorti che qualcosa ci stava scavalcando. Sì, ma cosa?
Un variegato mix, in parte talmente innovativo che il linguaggio arranca nel tentativo di afferrarlo nella sua organicità e di tracciarne chiari confini. Ci rinuncio anche io, è materia di cui discuteranno gli storici tra vent’anni. Ciò che invece un contemporaneo può fare è sezionarlo nelle principali caratteristiche, quelle che oggi emergono visibili. Purtroppo è la descrizione di chi si trova di fronte un mostro mai visto, un fenomeno mai esperito, un ragionamento quindi inevitabilmente confuso che rischia di dare troppo importanza ad aspetti solo superficiali, o che rischia di fraintenderne o ignorarne altri, utilizzando strumenti analitici e descrittivi vecchi e inadeguati. Ma proviamoci lo stesso.
GENERAZIONALE – È questo un dato di fatto incontrovertibile. L’età media degli eletti del M5S è di 37 anni. Va anche detto che si abbassa clamorosamente l’età media di quasi tutti i gruppi parlamentari, 45 quella della Lega, 48 quella del Centro Sinistra. Il concetto di rottamazione che ci accompagna da diversi anni, e che fu posto per primo proprio da Grillo, ha trovato quindi la sua applicazione. Finalmente! La generazione dei TQ, quella segnata da ogni sorta di incertezza e precariato, si prende la scena che gli compete e l’Italia gerontocratica accusa il colpo. Non è cosa da poco. Un Parlamento tanto giovane è imprevedibile, ed capace di qualsiasi cosa, nel bene e nel male. Finalmente un po’ di vento tra le ragnatele di questa Italia mummificata.
ANTIPOLITICO – È l’aspetto che attira gli epiteti di populismo e demagogia. Ma dobbiamo andare al di là dell’ingiuria. Certamente alcuni slogan sono triti e ritriti, degni di una discussione al bar dello sport: “andate tutti a casa”, “sono tutti uguali”, “sono tutti parassiti” etc. Si tratta di una umoralità che fa sempre presa, soprattutto in tempi di crisi. Ma c’è dell’altro. Si mette in discussione l’efficacia della democrazia rappresentativa, ovvero della delega. È una critica che finora non produce vere e proprie alternative ma intanto si inizia a porla. Quello che mi pare essere messa sotto processo è soprattutto la lentezza della politica, la sua proverbiale incapacità a decidere nei tempi (brevi) che il mondo contemporaneo richiede. Nonché la sua altrettanto proverbiale incapacità nel saper legiferare con chiarezza. Si pone l’accento sulla distanza che passa tra il buon senso della gente comune e le decisioni del Palazzo che spesso contraddicono quel senso comune. Meno enfatizzata, ma non assente, mi sembra la questione morale, con l’annesso impeto giustizialista (populismo, questo, più caro alla sinistra tradizionale).
POST IDEOLOGICO – Nel senso del rifiuto di rigidi schematismi destra-sinistra, e soprattutto delle conseguenze partitocratiche di tali schematismi: il necessario inchino a cordate, gruppi, conventicole, le logiche tutte italiane dell’appartenenza tribale e della raccomandazione. Non porsi il problema se si è di destra o di sinistra significa non perdere tempo in questioni che non vengono ritenute utili a nulla. Poi possiamo scartabellare l’intero programma dei grillini e scoprire la presenza di tante questioni di evidente derivazione no-global, e parlo del no-global anti liberista del primo decennio dei 2000, ma il punto resta la ferma volontà di non lasciarsi intrappolare dagli obbligati percorsi mentali di un modo di ragionare che non si ritiene più valido e più produttivo, un po’ come se qualcuno ci chiedesse se siamo guelfi o ghibellini. L’ideologia, magari inconsapevolmente, c’è sempre, ma viene privata della suo carattere statutario, viene smembrata, disarticolata, ricontestualizzata. Una sorta di bricolage ideologico.
FIGLIO DELLA RETE – È questo il punto più oscuro, che va al di là dell’ovvia familiarità con i mezzi che la rete mette a disposizione, e che chiama in causa il leader nascosto del Movimento, Casaleggio. C’è la diffusa sensazione (giustissima) che la rete rappresenti e permetta un cambio di paradigma epocale, una nuova alfabetizzazione con influenze dirette sull’organizzazione sociale ed economica mondiale, e forse anche sull’antropologia. Orwell che scrive La Città del Sole. L’enfasi è sulla velocità della rete e mi pare di intravedere una tensione futurologica andare a braccetto con un impeto futurista (e conosciamo il reciproco amore tra futurismo e fascismo). Staremo a vedere. Certo che nulla appare più distante dal quotidiano vissuto in rete delle lente, barocche e snervanti alchimie dell’apparato politico italiano. L’immagine grillina dei morti che camminano è in questo senso molto efficace.
Ed ora che accade? Tutti a interrogarsi su cosa farà ora Grillo, a decriptare ogni possibile sfumatura nei post del suo blog. Ci si dimentica che Grillo non è in Parlamento. Lì, in compenso, ci sono 163 eletti del M5S (109 deputati più 54 senatori) che equivalgono al 17% degli eletti nelle due camere. È ipotizzabile che queste 163 persone si rivelino essere niente più che burattini nella mani del gran burattinaio? Anzi, dei due grandi burattinai, Grillo e Casaleggio? In realtà la compattezza che dimostrerà questo gruppo è per ora un mistero ignoto a tutti, a Grillo stesso. In Parlamento non hai vincolo di mandato, sei parlamentare con la prospettiva di poterlo restare per 5 anni, e i richiami della “casa madre” giungono smorzati e flebili, soprattutto se questa è un non-partito che al massimo ti può espellere dal suo blog. Insomma, pochi luoghi esaltano l’individualismo quanto lo fa il Parlamento e l’idea che i post quotidiani di Grillo – iperbolici e umorali come abbiamo imparato essere – funzionino sui deputati del m5S come i fondi della Pravda operavano sui membri del PCUS mi sembra improbabile. A ognuno le sue funzioni naturali: Grillo è il distruttore, è la testa d’ariete che ha sfondato le porte del castello, che vi ha fatto entrare 163 giovani sconosciuti; ma in Parlamento ci si sta per costruire, altrimenti non serve a nulla restarci. Il Grillo costruttore finora non si è visto, è un’attitudine che poco gli si adatta, e credo che questo sia chiaro anche a lui. Inoltre, costruire in Parlamento significa agire in modi che sono tutto opposti alla foga iconoclasta grillina, significa mediare, darsi scadenze più lunghe, agire di tattica, a volte abbracciare il nemico. Qualcosa del genere successe venti anni fa a Bossi, che non era meno di Grillo in capacità di distruzione. E Bossi, a differenza di Grillo, in Parlamento ci stava. La presa che Grillo continuerà ad avere sui suoi deputati e senatori è il vero quesito politico dell’imminente futuro.