L’enigma Renzi, un black bloc in giacca e cravatta

Matteo e Mike
Matteo e Mike

Seppur ancora per pochi anni sono un TQ, di quelli che scalciano e si indignano, e allora esulto, Renzi mi rappresenta, è la nemesi generazionale che avanza. Seppur con molte crepe sono ancora plasmato dall’ideologia, la falce e martello, il sol dell’avvenir, e allora mi deprimo, Renzi mi è avverso, è di destra, è la vittoria completa del berlusconismo.
Un black bloc in giacca e cravatta che tira parole dure e appuntite come sampietrini sulle teste canute di vecchi leader consunti. È divertente la reazione dell’apparato, spiazzata, sorpresa, imbarazzata, e questo perché l’ex concorrente della ruota della fortuna sposta la discussione su un campo privo di qualunque possibilità dialettica. Ma quali idee (figuriamoci gli ideali), ma quali programmi, tutto è racchiuso in un solo concetto che più o meno suona così: “siete vecchi, andatevene in pensione (voi fortunati che ce l’avete)”. Cosa può ribattere un Bersani, un D’Alema, un Veltroni ad una verità talmente chiara e inoppugnabile? Nulla, e infatti non si crea alcun dibattito. Renzi non dice nulla di nuovo e soprattutto nulla di chiaro. Il suo messaggio sta tutto nel “mezzo”. Renzi è il messaggio, giovane e scalpitante.

C’è una crisi sistemica mondiale, c’è un modello di società che non funziona più, c’è un Occidente che lentamente sta per uscire di scena. E che dice Renzi di tutto questo? Cosa di nuovo, di chiaro, di risolutivo? Spavaldamente innovativo, vagamente socialista, vagamente liberale, vagamente giustizialista, vagamente green, chiaramente banale. La somma delle sue approssimazioni dà banalità, ma una banalità ben nascosta dalla più grande delle qualità, la giovinezza, qualcosa che in Italia latita da almeno un secolo. E cosa può un povero vecchio apparato incrostato di sconfitte sedimentate, cresciuto ragionando tra Marx, Marcuse, Keynes, quando gli si contrappone “solo” un’esuberanza generazionale iconicamente (e, ancora una volta, vagamente) modellata su Steve Jobs?

Se lo meritano Renzi, i vari Bersani, D’Alema, Veltroni, Vendola, Camusso, se lo meritano perché è anche colpa loro se in Italia i VTQ (venti-trenta-quarantenni) sono stati privati del presente e del futuro, ne è stato calpestato e umiliato l’entusiasmo, la fantasia, la preparazione, tutto in nome di una gerontocrazia clientelare peculiarmente italica e vagamente mafiosa che è ancora oggi il principale problema di questo Paese. La sua rabbia è anche la mia e allora tifo per lui quando si rivolge all’apparato e gli dice, in parole povere, “avete fallito, fatevi da parte”. Cosa c’è, o ci dovrebbe essere, di più ragionevole del fatto che chi continuamente fallisce se ne debba andare via lasciando spazio ad altri?
Mi sono sempre chiesto perché un popolo come il nostro, tanto appassionato di calcio, non tragga poi dal calcio la sua principale verità: squadra che perde si cambia, e il primo a saltare è l’allenatore. Ha ragione Renzi quando pone davanti a tutto la questione del merito. Se poi lui, il Renzi, sia uno meritevole, questo è tutto un altro discorso. Per ora mi sembra solo l’ovvio frutto di ciò che è stato seminato.