L’inettitudine

sotto Montecitorio qualcuno brucia una tessera PD
sotto Montecitorio qualcuno brucia una tessera PD

Premetto che non ho votato PD ma SEL, che della coalizione Bersani fa parte, e quindi mi sento in diritto di scrivere le seguenti  cose.

Iniziamo con una velocissima cronistoria degli ultimi 50 giorni. La coalizione di Bersani vince le elezioni perdendole, o le perde vincendole, fate voi. Sta di fatto che conquista maggioranza assoluta alla Camera e relativa al Senato: qualsiasi prospettiva di governo necessita della sua approvazione. Già dal giorno dopo Berlusconi offre la sua disponibilità a Bersani ma il nostro rifiuta, dice no, dice che non ci sono condizioni per un “governissimo”, dice che la nostra gente non lo capirebbe. “La nostra gente non lo capirebbe”, non so quante volte in queste ultime settimane ho sentito questa frase dai dirigenti del PD. Bersani, dice lui, lavora per un governo del cambiamento, ovvero si rivolge a Grillo – piuttosto maldestramente, direi, ma comunque cerca un accordo. Grillo gli si nega, arriva a sbeffeggiarlo, mentre dall’altra parte Berlusconi continua a corteggiarlo. Ma il nostro eroe, coerente con le sue idee, insiste con Grillo e così si va avanti fino a questi giorni, alle elezioni per il Quirinale. E qui c’è la prima sorpresa, c’è Grillo che – probabilmente ubriaco, come suggerisce ironicamente Travaglio – tende la mano a Bersani. Gli dice che se votate il nostro candidato allora si può parlare di governo. E chi è questo candidato? Casaleggio? Grillo stesso? Una sconosciuta precaria di Molfetta? No, è Stefano Rodotà, famoso e stimato giurista da sempre impegnato sul fronte dei diritti civili e, soprattutto, un uomo che in qualche modo appartiene alla stessa storia del PD, se non altro per essere stato il Presidente del PDS, partito embrione del futuro PD. È fatta, quindi, penso io. Invece no, perché con un colpo di scena alla Ionesco il Bersani cosa si inventa? Sceglie un candidato insieme a Berlusconi e gradito a Berlusconi.

Cos’è questo, uno scherzo stupido? Una patologia di ordine psichiatrico? Un improvviso manifestarsi della sindrome di Stoccolma? Qualcuno me lo spiega?

Come funzioni Bersani? Come funzioni PD? Per 50 giorni hai predicato questo fantomatico “cambiamento”, hai inseguito Grillo come un martire segue il martirio e ora che tutto ciò che hai cercato sembra materializzarsi tu ti accordi con la destra? Ignorando, tra l’altro, una figura come Rodotà che appartiene alla tua stessa storia politica? Ma io – risponde questo imponente stratega – ho cercato un nome condiviso. Condiviso? E come mai la condivisione di 2/3 del parlamento (PD+PDL+SC) vale più della condivisione di analoghi 2/3 del parlamento (PD+SEL+M5S)? Non è una questione di maggioranza matematica ma una chiara scelta politica.

Io c’ho creduto caro Bersani, ho creduto ad un PD che finalmente aprisse a sinistra, ho fatto il tifo per te, per il tuo tentativo, ho difeso le tue scelte discutendo e litigando con amici evidentemente più lungimiranti di me e ora mi sento preso in giro, io e milioni di italiani. E cosa devo credere? Devo credere “travagliescamente” che l’unica lettura di questi ultimi vent’anni di storia politica italiana sia riducibile ad un accordo sottobanco tra Berlusconi e i dirigenti PDS-DS-PD? Accordo sul genere vivi e lascia vivere?

Ho una lettura un po’ più diversificata dell’amalgama di Travaglio. Più che ai complotti penso all’inettitudine, ad un micidiale mix di cialtroneria, insipienza, meschini egoismi, convenienze, pigrizia e paura. Comunque sia non mi interessa più, ora voglio solo una cosa cari Bersani, Letta, Franceschini, D’Alema, Veltroni, Fassino, Violante, Bindi, Finocchiaro, Fioroni e scusate se mi sono dimenticato qualcuno, voglio che ve ne andiate via, voglio la vostra morte, politica intendo, per carità non mi fraintendete, lunga vita biologica ma immediata morte politica. Godetevi la vita, godetevi la vostra bella pensione, fate viaggi, liberateci per sempre della vostra triste presenza perché meritiamo di meglio.

p.s. mentre scrivo, dopo Marini hanno impallinato anche Prodi… avanti il prossimo.

Toc toc, c’è Bersani?

Ho sempre pensato a Pierluigi Bersani come ad una persona simpatica, onesta, piena di buon senso, nonché come ad un ottimo amministratore. Ai tempi del secondo governo Prodi risultò indubbiamente uno dei ministri più capaci, con quel suo programma di liberalizzazioni coraggioso e in un certo senso romantico. Al momento della sua candidatura a leader del PD ebbi un’istintiva perplessità. Mi sembrava troppo freddo e troppo pragmatico per occupare la guida di una sinistra in crisi mondiale di prospettive, una sinistra a cui sarebbe servita una immediata e sostanziosa iniezione di retorica e fantasia, qualità purtroppo assenti nel pur bravo politico emiliano. Ma tant’è, quello passava il convento e l’unica reale alternativa, Veltroni, s’era suicidato da poco tramite incomprensibili dimissioni.

A due anni di distanza da quella incoronazione mi sembra che i fatti rendano giustizia a quelle perplessità, mie e di tanti altri. E’ difficile pensare ad una crisi più profonda di Berlusconi, è difficile immaginare una maggioranza di governo più sbandata. Voglio dire, è inimmaginabile una situazione più favorevole per un grande partito d’opposizione. Eppure… non cambia nulla, se non che la maggioranza parlamentare appare oggi un fortino ancor più inespugnabile e l’opposizione totalmente priva di prospettive e proposte. Sono passati solo pochi mesi da quell’uno-due micidiale, le vittorie ai referendum e alle amministrative. Come è stato gestito quel patrimonio di indignazione e volontà di cambiamento? In alcun modo. Lo si è lasciato dissolvere. E sì, perché il buon Pierluigi quei referendum nemmeno li voleva e le amministrative le ha vinte con candidati non suoi. Il leader del PD guarda con freddezza la sinistra, quasi con un po’ di vergogna. Lui non ama la piazza, non ama le iperboli, non ama gli scioperi. Lui non alza la voce, prova fastidio per la retorica vendoliana e per il linguaggio schietto alla Di Pietro. Lui non riesce ad immaginare iniziative coinvolgenti e sorprendenti, insegue – con la benedizione di D’alema – il moderato Casini, fulcro del fantomatico “Terzo Polo”. Ma il futuro di Casini non è certo il Terzo Polo, tanto meno un matrimonio con la sinistra, bensì la leadership di una nuova Democrazia Cristiana, un nuovo partito direttamente sponsorizzato dalla CEI che chiuda per sempre la stagione del berlusconismo ma anche quella del bipolarismo. Un partito, insomma, moderatamente conservatore, moderatamente confessionale, moderatamente intrallazzatore, ma con grande cura della forma e delle buone creanze. Si rassegnino Bersani e D’Alema, non è quella la strada. I cattolici alla Rosi Bindi sono pochi, sono eccezioni. I cattolici italiani vanno là dove indica il pastore, e il pastore ha scelto un’altra via.

Che resta quindi? Resta la sinistra, a occhio e croce circa il 40% dell’elettorato italiano, un tesoro di grandi individualità, di esperienze, di energie, di idee che sarebbe il caso di sposare e valorizzare per tirare fuori una proposta di governo vincente, una proposta tratta dalla nostra storia, fantasiosa, sfidante, che sappia una volta tanto rompere le diffidenze di un elettorato “moderato” che tra conservatori autentici e conservatori di facciata giustamente preferisce i primi. Se la vittoria deve passare per lo sfondamento al centro (e questa è matematica) non è certo travestendosi in neocentristi che ci si arriva. Forse a capirsi con quel centro non ci arriveremo mai, ma se c’è una possibilità non sta nel triste balbettio trasformista dell’attuale PD. Non sta nello snaturamento della propria storia e sensibilità. Caro Bersani, abbia una volta tanto il coraggio di fare un sogno che le appartiene e provi a raccontarlo quel sogno, senza pudori né politichese. Chissà che l’onestà e la coerenza una volta tanto paghino?