TERZO MILLENNIO

drammaturgia / regia Fabio M. Franceschelli

con Francesca Guercio, Claudio Di Loreto, Alessandro Margari

scene e costumi OlivieriRavelli_Teatro
produzione Ass. Cult. amnesiA vivacE – Ass. Cult. Figli di Hamm
in collaborazione con CONSORZIO UBUSETTETE

TERZO MILLENNIO, atto unico in due quadri.
La pièce rappresenta un luogo surreale non specificato (potrebbe essere un’isola, un deserto, una città, una stanza) ove tre personaggi altrettanto surreali – la Donna, il Maiale, il Pescatore – si impegnano in un dialogo serrato, sincopato, carico contemporaneamente di aspetti drammatici e di forte umorismo. Il tutto è concepito come un crescendo di tensione e di attesa, che nei momenti finali raggiunge il parossismo sino ad esplodere per il sopraggiungere fulmineo di un EVENTO particolare, più volte annunciato nei dialoghi che lo precedono. Immersi in un assurdo molto familiare, Maiale, Donna e Pescatore affrontano il mistero della loro esistenza, alla ricerca disperata di un senso che non si riduca al ridicolo che loro malgrado incarnano.

TERZO MILLENNIO scheda artistica

Quindicesimo anno di repliche.
Segnalato dal CIRT di Milano.
Tradotto in tedesco e rappresentato nello storico Theater im Keller di Graz (Austria) durante la stagione 2002.

RASSEGNA STAMPA

Un maiale e un pescatore si incontrano in un luogo imprecisato, si accennerà poi ad una improbabile isola, ma senza crederci troppo. Qui i due personaggi, sempre coscienti del loro essere personaggi, dunque creature di invenzione, e nella totale immobilità fisica […] passano dal discorso ontologico a battute che risulterebbero volgari o banali se estrapolate dal contesto. In un intrecciarsi di abili passaggi drammaturgici, iperbolici monologhi si susseguono a stretti dialoghi interrotti da eruzioni di violento sarcasmo. […] Il comico nasce insomma non solo dall’assurdo, ecco l’altra marcia in più nei testi di Franceschelli, ma anche dalla creazione surreale e alogica di momenti narrativi sorprendenti per originalità e folgoranti per capacità immaginifica […]. Questa come altre preziosità si intrecciano in un un tessuto drammaturgico di altissimo livello per stile ritmi e musicalità da rendere la scrittura di Franceschelli, a mio modesto parere, unica nel nostro teatro.

Andrea Pocosgnich, Teatro e Critica

Francesca Guercio ne La Donna donna

L’impossibilità di sfoderare una drammaturgia che sia innovativa e in connubio con la contemporaneità è la prima questione sollevata dallo spettacolo di OlivieriRavelli_Teatro, Terzo Millennio […]. Questa difficoltà del teatro classico di narrare la contemporaneità, di parlare allo spettatore attraverso un canale che sia coerente con l’epoca che si sta vivendo, viene aggirata da un teatro dell’assurdo […] che sfocia in testi come Appunti per un Teatro Politico, dello stesso Franceschelli, e, per l’appunto, in Terzo Millennio. La pièce è ambientata in un luogo surreale, un’isola o forse una spiaggia, una dimensione a noi lontana, emblema di un’epoca in cui la virtualità è quasi sinonimo di normalità. I tre personaggi si scambiano battute scabrose, alternate a virtuosismi intellettuali […]. Linguaggio e modalità che forse lontanamente ci ricordano le opere pasoliniane, così sfrontate e senza inibizioni […]. Uno spettacolo che parla del disagio postmoderno, sia sociale che prettamente teatrale, del fare in modo che la comunicazione divenga un punto di riferimento fermo, ricordando che siamo tutti vittime di questa inadeguatezza […].

Laura Khasiev, Close-Up

Alessandro Margari ne Il Pescatore

Franceschelli dimostra di sapersi muovere tra le strade lasciate dai grandi e rivoluzionari drammaturghi del Novecento, Beckett — Pinter — Ionesco, sfruttando situazioni grottesche, un lieve non-sense , un’incomunicabilità tra personaggi che appaiono dei ridicoli monoliti. In questo testo si attende l’EVENTO, non più Godot, che in scena è realizzato in un maniera veramente comica e originale ma al contempo disarmante. Dopo un’ora e mezza di spettacolo questo EVENTO sciacqua via ogni pensiero che si era fatto su di esso. Già perché questo che i personaggi attendono, noi-pubblico lo iniziamo a vivere all’accendersi delle luci sul palco. A sostegno di questa idea, oltre l’uso delle luci, c’è il continuo discorso che i personaggi fanno su loro stessi, sul testo che stanno mettendo in scena, sul teatro e sulla critica: un continuo slittare che al contempo fa riflettere e abbatte ogni riflessione. In alcune situazioni surreali è evidente la lezione di Brecht sullo straniamento ma la regia, il testo stesso e gli attori, sembrano portarla verso un’esagerazione comica che riesce con maggior effetto a bucare la quarta parete dell’immedesimazione.

Francesco S. Russomanno, http://www.paconline

Claudio Di Loreto ne Il Maiale

La scrittura e la regia di Fabio Massimo Franceschelli, portata anche in Austria nel 2002, si traduce in una messa in scena in cui l’esercizio vocale è fondante. In quello che può definirsi un “disfarsi” dello spettacolo, ogni timbro di voce fiorisce la caratterizzazione degli attori e i loro dialoghi, che li faranno sì interagire, ma che li chiuderanno anche progressivamente nell’autoreferenzialità della propria sfera personale, destinandoli all’incomunicabilità più totale. […] Il trio che si viene a formare sul palco, attraverso l’ambiguità dell’uomo-maiale, i sogni ingenui e indecisi del pescatore e le provocazioni della donna senza nome non ha mediazioni se non nello sguardo dello spettatore. Si possono leggere in ognuno di loro, e nelle loro prese di posizione dubbi sulla sessualità, ragioni di vita messe in crisi, ma anche l’onnipresenza dell’egocentrismo e della sordità nascosta dietro dichiarazioni di volontà di ascolto: elementi propri dell’uomo nel “Terzo Millennio”.

Federico Catocci, Recensito.net


Il testo di Franceschelli ha la capacità di mettere in dubbio e ridicolizzare ogni manifestazione fenomenologica dello stereotipo, del cliché, del più banale luogo comune che inevitabilmente permea l’esperienza umana. […] Il testo si configura come una successione alogica di momenti sconcertanti: i dialoghi fortemente drammatici si mescolano a uno spiccato humour, attraverso una commistione di registro alto e basso, ora colto e acutissimo, ora ridicolo e talvolta anche demenziale. Tutti e tre i personaggi appaiono privi di passato e di futuro, immobili in un presente insensato; parlano di loro stessi in quanto personaggi, con una posizione e un peso nell’economia del testo: si chiedono chi di loro sia drammaturgicamente più rilevante, chi attragga maggiormente l’interesse e la curiosità del pubblico. L’incomunicabilità che regna tra loro si trasmette anche allo spettatore, che assiste senza capire, ed è costretto a cercare nuovi modi di pensare la realtà per poterla comprendere. L’obiettivo sembra dunque brechtiano: risvegliare il pubblico intorpidito e attivarne la coscienza critica rispetto all’assetto sociale. Gli attori sono eccezionali: Claudio Di Loreto è disarmante nelle vesti del Maiale, raffinato e osceno, futurista e reazionario, saggio e frivolissimo. […] Francesca Guercio interpreta la Donna, bravissima nelle sue interminabili sfaccettature: casalinga, femminista, isterica, sensibile, tenera, santa e puttana. E ottimo anche Alessandro Margari nel ruolo del Pescatore, sa mantenere un’espressione inebetita che di tanto in tanto cede all’insolenza.

Cecilia Carponi, Saltinaria.it



«Il teatro si può fare con tutto, anche con un testo…». Questa frase, presa dal genio di Leo de Berardinis […], sposa assai bene questo nuovo-vecchio spettacolo di Fabio Massimo Franceschelli […], Terzo Millennio. La drammaturgia, che risale al 1997, assume spessore maggiorato dalla sua funzionalità moderna: è un testo che sapeva di oggi molto più di quanto forse ne sappiamo noi ora, che si interrogava sulla deriva della politica così mal gestita, l’avvento della società dei consumi in luogo dei valori umani, ossia quando l’apparire ha soppiantato l’esperienza. Con questo bagaglio lo spettacolo propone una resistenza all’ovvietà, ma con la forza di figure stereotipate e fisse nel loro simbolismo: un uomo vecchio e Maiale, un giovane Pescatore, una Donna “donna” sono i grotteschi personaggi, il cui obiettivo è il confronto delle fondamenta che articolano il loro esistere, in scena e nella vita, la ciclicità degli errori, la tensione sempre tradita al cambiamento. Quasi profetico, l’autore. Perché proprio di questo muore un paese affogato dalla vanità. Mezzo utilizzato è il dialogo, la forma più pura di dialettica e riflessione, in cui anche chi ascolta è coinvolto […]. Punto di forza è l’acidità dell’estetica kitsch, che nell’eccesso trova la misura di far passare la complessità in una struttura apparentemente ludica, che invece deve a questo gusto leggero dello scherzo e del paradosso i risultati migliori in chiave di accoglienza e riconoscibilità. Proprio quest’ultimo elemento è il più valoroso: l’ostinazione a oltrepassare il limite sconfigge la pesantezza concettuale e definisce il teatro di Franceschelli, che si distingue nobilmente in un’epoca, questa, di affamata omologazione.

Simone Nebbia, Hystrio 3-2010



In scena ci sono tre personaggi surreali e archetipici: la Donna, il Maiale, il Pescatore. L’intera piece si gioca sul serrato dialogo tra i tre, che illumina attimo dopo attimo l’assurdità del contesto, del linguaggio, dell’essere personaggi. L’inizio è folgorante: in un istante le battute attivano una macchina scenica dai perfetti tempi comici e teatrali, l’alto si mescola al basso, l’incomunicabilità tra i codici e i personaggi è un detonatore sottile e potente. Claudio Di Loreto – un eccellente maiale – è superbo nel ruolo di regista in scena: detta i tempi, incalza gli altri personaggi quando l’attenzione cala […] passa con aplomb da colte disquisizioni a improvvisi nonsense […]. È evidente la sua consonanza con le corde del testo e dell’autore, e non stupisce scoprirlo co-fondatore della compagnia OlivieriRavelli: butta via le battute più impervie senza precluderne la comprensione, mantiene eleganza in quelle più grevi, incarna il delicato equilibrio tra il meccanismo comico e la struttura significante.

Maddalena Giovannelli, Stratagemmi



La drammaturgia è un esito interessante della produzione drammaturgica del regista. Descriverla è pressochè impossibile. Il lettore sappia che si troverà per quasi tutto lo spettacolo […] in compagnia di un duetto, che diventa, ai due terzi della recita, un terzetto. Un delirio a due con ospite, un Aspettando Godot durante il quale ad un certo punto entra in scena una signora un po’ sboccata e un concreta, che mette in crisi l’astratto filosofeggiare sulla funzione e sui paradossi della lingua dei due interpreti primigeni, il Maiale (Claudio Di Loreto), il Pescatore (Alessandro Margari), che attendono esisti ontologici della propria presenza al mondo, che non arriveranno. La scena è semplice. Tre grandi superfici circolari di legno, come i famosi tondi di Vedova, ma monocromi, due (i laterali) di color rosa, uno, quello centrale, nero, fanno da sfondo. Rosa e nero sono anche i colori dei vestiti dei due interpreti iniziali, il primo intento a pescare già all’inizio dello spettacolo, quando appare poeticamente in controluce, mentre fa balenare un piccolo giocattolo di legno appeso all’amo della sua canna da pesca. Pochi istanti dopo arriva dalla platea l’altro protagonista, il porco. I due dibattono in forma alta su questioni al bordo fra logica e linguistica: dal significato delle parole a quello della loro presenza al mondo in quel contesto isolato e arido. Assiste alla diatriba un manichino di donna che solo a recita avanzata smetterà di incombere con il suo silenzio, lasciando il posto ad un’incarnazione tutt’altro che manichina (Francesca Guercio). L’arrivo della terza figura in un primo momento pare aggiungere elementi risolutivi e pragmatici al dialogo precedente, ma ben presto si impasterà della stessa anti-logica, arrivando a creare un delirio a tre che finisce per esaustione. La messa in scena è una prova d’attore, in cui il duo iniziale funziona meglio del terzetto successivo, anche se il divertimento e il ritmo, ovviamente, nei terzetto trovano esiti più interessanti. […] La potenza del testo penetra, quella della recitazione anche, quello che rimane perfettibile è una modernità della diegesi testual-teatrale, vale a dire l’incardinazione della parola al suo posto in scena, la coerenza fra narrato e interiorizzazione del momento teatrale. A volte, insomma, il pubblico si trova fuori, e questa è sempre una responsabilità di chi deve leggere il rapporto fra chi recita e chi sta al di qua.

Renzo Francabandera, Paneacqua




RASSEGNA STAMPA_abstract Graz (Austria) 2002

Il testo di Fabio M. Franceschelli Terzo Millennio, ha avuto la sua applauditissima prima in lingua tedesca al Theater im Keller di Graz sotto la regia sensibile di Reinhold Ulrych. Tre persone stanno aspettando impazientemente. Ma questa volta non è Godot che aspettano. Malgrado ciò la cosa è nondimeno assurda. […] Nel testo di Franceschelli ricco di effetti, in cui tutto gira attorno ad un nichilista dalla testa di maiale e vestito tutto di rosa, un pescatore che spera che abbocchi un pesce nonostante le sue tristi esperienze del passato e una giovane bellezza assai frustrata e smaliziata, le cose prendono un esito diverso. Tutti e tre aspettano impazientemente, contemplando però la loro propria attesa da lontano, quasi come stranieri non coinvolti nell’azione. E si insultano con un notevole piacere. […] Il brano dell’autore italiano, nato nel 1963, […]sotto la regia spruzzante di idee originali di Reinhold Ulrych offre tanto spazio all’interpretazione degli attori presenti sul palcoscenico per tutta la durata del pezzo arrivando così ad un’ottima performance.

Schmidt Von Bernd, Krone


Nel ciclo di rappresentazioni dedicato all’Italia […], il Theater im Keller ci stupisce sempre con idee originali ed effetti brillanti. L’ultima produzione – Das dritte Jahrtausend (Terzo Millennio) – di Fabio Franceschelli non ci offre soltanto puro divertimento, ma ci fa anche capire in che direzione si muove il mondo uomini compresi. Al Theater im Keller non manca né il coraggio di esprimere verità profonde né si esita di fronte all’umorismo nero. Con Reinhold Ulrych si è trovato anche il regista giusto che non alza il dito per predicare morale. Il che si manifesta nella gioia di rappresentare degli attori e nell’entusiasmo del pubblico alla prima di Graz. Nonostante che nel tedesco si perda un po’ la leggerezza dell’italiano, il testo genera grandi risate del pubblico, anche se ragionamenti come «Crediamo di essere, ma in realtà siamo già stati» non sono così facili da digerire. In ogni caso, Franceschelli dimostra un’eccellente qualità di analista.

Gisela Bartens, Kleine Zeitung